Friday, August 19, 2005

Assaggio d'Egitto

Cairo dall'aereo appare come una citta' lego: cubi di sabbia si susseguono o sovrappongono instancabili a formare una citta' densa. Avevo sentito che dall'aereo si potevano vedere le piramidi. Con il naso schiacciato al finestrino scruto la vastita' di una citta' che raccoglie milioni di arabi e africani. Tre cupole spiccano per il loro acceso colore: il bianco e il turchese. E' la Citadel, o Cairo islamico, con la favolosa moschea di Mohammed Ali. La prima impressione che ho di Cairo e' di una citta' caotica nel senso piu' puro del termine: caos per le strade, traffico fitto di macchine che corrono all'impazzata, e clacson che cercano di schivare i carretti trasportati da asini a volte stanchi. Arriviamo all'hotel guidati da un autista pazzerello, ma sicuramente abile e desto. Occhi scuri spuntano da tutte le parti. Occhi curiosi, inquisitori, a volte sorridenti, a volte loschi. Come usciamo dall'albergo per una camminata serale, veniamo abbordati da Omar, un ragazzo dal viso solare, che, dopo una chiacchierata amichevole, finisce per condurre i suoi polli nel negozio di famiglia che vende papiri ed essenze che--a detta sua--ricordano, nell'ordine, Kenzo, Cristian Dior e Ives Saint Laurent. Altrettanto astutamente i polli non comprano niente, e, dopo un te' alla menta gentilemente offerto dalla famiglia di Omar, ritornano in albergo alla disperata ricerca del tour leader e del gruppo col quale spendere le successive due settimane. Il nostro gruppo--sette persone in tutto e tutte piuttosto 'eterogeneee', piu' la guida. Ingrid, che verra' ribattezzata Eshta (nome egiziano), vive vicino Brighton, ha 24 anni e lavora come manager in un college. Aspetto mascholino, appare molto sicura di se' ed e' sempre con la battuta sarcastica sulla lingua. E' la seconda volta che viene in Egitto con questa compagnia. Jim, soprannominato Muschkella (che in arabo significa 'problema'!), ha 52 (?) anni sul passaporto ma 14 sul viso... Muschkella viene da Manchester e, quando non e' in vacanza, lavora per l'esercito. Mike e Ines, coppia svizzera di Zurigo. Mike ha un passato di lunghi viaggi avventurosi nel mondo: Peru', India, Australia, Sud Africa e Thailandia. Ines e' una ragazza di 35 anni che lavora come capo muratore e ha la passione per i cavalli. Il suo mestiere non le fa perdere la grazia di una cavallerizza. Simone, la nostra bionda guida, ha 27 anni e viene da Sydney. Carisma e entusiasmo la distinguono; come ragazza occidentale che vive da 10 mesi in Egitto, e' stata una parte importante nel mio processo di comprensione del rapporto uomo-donna nel mondo musulmano. Infine Carol, arzilla vecchietta di 77 anni. Vecchietta non e' sicurmante l'appellativo giusto per questa donna, madre di 6 figli e di altrettanti nipoti, che ha vissuto 15 anni in Africa come insegnante di matematica e biologia, e che ogni anno si cimenta in viaggi di avventura in Sud Africa, Tanzania, Kenya e Namibia.

La prima settimana sul deserto libico e' stata indimenticabile: dopo aver raggiunto la prima oasi (Bahariya) con il nostro pilota -- un ragazzo egiziano dolcissimo che con il libro di testo di sua sorella si sforzava di parlare inglese con noi -- abbiamo lasciato l'autobus e ci siamo avventurati in tre giorni di safari nel deserto, o meglio nei deserti: il deserto roccioso, quello di cristallo, *nero*, *misterioso*, dei funghi e *bianco*. In una giornata abbiamo scalato una piramide naturale; esplorato la montagna di cristalli; attraversato le dune del deserto nero di origine vulcanica dalla sabbia color ruggine, come infuocata dal sole. Ci siamo poi inoltrati nei meandri del deserto roccioso dalla sabbia gialla per giacimenti di ferro e disseminato di pietre misteriose a forma di fiore, fino a raggiungere una distesa di sculture surreali che spuntavano come protuberanze inquietanti: il deserto dei funghi! Abbiamo passato la notte sotto le stelle distesi sulla sabbia bianca, candida e sottile. Protetti da due enormi sculture di sabbia che il vento aveva creato quasi per noi abbiamo creato il nostro angolo di civilta'. Il tappeto di stelle si srotolava a porre omaggio alla luna piena che, superba, illuminava la vallata conferendo una sfumatura di un bianco argenteo alle roccie sabbiose. Poi, forse infastidita dai nostri sguardi, ha deciso di nascondersi dietro al sole, e cosi' un'eclissi lunare ha oscurato la luna rendendo ancora piu' brillanti le stelle. Quella sera ho imparato a giocare a carte con una delle nostre scorte. Non era facile capire il gioco spiegato in arabo, ma quando ho intuito che si trattava di un gioco similissimo a *scopa*, mi sono galvanizzata e e' iniziata una sfida giocosa. Eravamo rimasti in piedi solo noi due. Tutti gli altri erano gia' *in pigiama* sonnecchiosi. Con una torcia da minatori in testa e tutto buio intorno abbiamo proseguito a giocare, a ridere e ad accusarci a vicenda di fregare in un mezzo inglese/arabo, fin quando non sono stata miseramente sconfitta. Raggomitolata nel mio sacco a pelo cercavo di eludere il ronzio del russare che mi circondava. Quando e' iniziato il concerto, ho deciso di allontanarmi dal gruppo. Rantolando nel buio ho trovato una roccia amica e mi ci sono adagiata vicino. La mattina dopo ho scoperto anche la coppia svizzera stava dormendo accanto alla stessa roccia, ma dalla parte opposta. Con tutte le roccie del deserto abbiamo scelto entrambi lo stesso giaciglio! Dopo un rigenerante saluto al sole (posizione yoga), mi sono goduta l'alba sorseggiando te' alla menta e mangiando una deliziosa colazione a base di uova, pane e marmellata di fichi allestita dai beduini che ci scortavano. E dopo colazione, di nuovo in marcia alla scoperta di un altro pezzo di deserto. E' difficile spiegare la sensazione che si prova nel deserto. Deserto e' dove non esiste vita, ma animali piccoli e grandi (dagli insetti alle volpi ai serpenti, e perfino ai topi del deserto!) popolano silenziosi e discreti (per fortuna!!) le notti, e si nascondono sotto la sabbia durante il giorno per sfuggire all'attacco ineluttabile del sole. Senso di liberta' e di claustrofobia sono le sensazioni contrastanti che ho provato, insieme a tanti altri pensieri liberi che affollavano la mia mente... Quando abbiamo saputo della morte del nonno di Steve eravamo proprio li' pronti a trascorrere la notte all'aria aperta. La notizia e' giunta proprio quando il sole stava per nascondersi dietro la scultura piu' grande. E' stato un momento toccante.

E' ora di ripartire e di salutare i nostri autisti che ci hanno accompagnato per le sabbie libiche. Con rispetto e tanta dolcezza accennano a un pudico abbraccio. Mi commuovo e sorrido. Riincontriamo gli autisti dell'autobus e con loro proseguiamo per Farafra e Kharga, le prossime due oasi. A Farafra visitiamo un museo costruito da un artista locale che richiama i templi egiziani e che custodisce sculture e quadri colorati con la sabbia che ritraggono la vita quotidiana dell'oasi. Incontriamo il pittore che, con un sorriso smagliante, ci da' il benvenuto nel museo. Il pomeriggio ci rilassiamo a nuotare in piscina. Da Farafra visitiamo Quasr, antica citta' musulmana oggi quasi disabitata. Pieno di cuniculi e circondata dalle mura, ricorda i castelli medievali. Un tornio per l'olio ancora funzionante, la moschea e la scuola di legge con tanto di prigione per gli infedeli sono ancora ben preservati. Incontriamo i pochi 'reduci' del villaggio e decidiamo di passare il pomeriggio a bere te' alla menta con i bambini, che con gli occhi mi implorano di giocare con loro... Dopo aver distribuito tutte le penne che avevo in tasca, disegnamo, tentiamo di comunicare e facciamo le foto. I bambini amano le penne bic. Per lo stesso prezzo una famiglia egiziana puo' comprare il pane per tutta la famiglia. Per loro la penna e' una bene secondario. Per i bambini la penna e' simbolo di espressione, creativita', cultura vista come un lusso e di cui sono percio' avidi. Sfoggiavano il loro inglese, mi mostravano il loro manuale di inglese, e io ricambio recitando le quattro frasi che ho velocemente imparato. E' incredibile la reazione positiva che ho sempre ricevuto in Egitto ogni volta che mi sono sforzata a parlare arabo! La loro semplicita', affabilita' e onesta' [ero seduta su un muretto e avevo la macchina fotografica a 10 metri. Una bambina l'ha presa e me l'ha riportata] mi hanno lasciato un ricordo bellissimo di quel pomeriggio a Quasr. Non ho lo stesso piacevole ricordo dei bambini di Luxor, che al Bazaar elemosinavano sfacciatamente. Dall'ultima oasi ci dirigiamo verso Luxor, e per strada lasciamo la nostra scorta (un simpatico poliziotto turistico) che ci ha tenuto compagnia da Bahariya. Percorriamo una via alternativa (e piu' lunga) poiche' una tempesta di sabbia ha ostruito la strada maestra. Quattordici ore di autobus passando attraverso un'area fondamentalista islamica, sempre scortati da camionette di polizia. A Luxor il sole brucia sulla pelle anche all'ombra. Nelle ore piu' calde la temperatura raggiunge i 50 gradi centigradi. Mi arrossisco subito ma non sudo. Steve si arrostisce le spalle, e d'ora in poi non potra piu' nuotare senza la t-shirt. Il tempio di Karnak e di Luxor a ovest del Nilo e la valle dei re sulla riva est sono i gioielli della citta', considerata il piu' grande museo all'aperto. Dalla valle dei re decidiamo di scalare la montagna retrostante, e dalla vetta ammiriamo il tempio di Hapshetsut (faraona d'Egitto) che si scorge dalla parte opposta. Riprendiamo gli asini e, passando per la campagna, scorgiamo i colossi di Memnon; poi attraversiamo Medina Abu (villaggio dei muratori dei templi dell'antico Egitto).

Assuan -- citta' colorata con una bella veduta sul Nilo. Il villaggio nubiano si intravede su un'isoletta rigogliosa di verde. I nubiani sono piu' scuri di pelle, piu' alti e piu' slanciati, hanno insomma un aspetto e un temperamento piu' elegantemente africano che arabo... Dopo tutto ci troviamo nel profondo sud, non lontano dal Sudan. Al bazaar conosciamo dei ragazzi spigliati, che rivestono Steve da capo a piedi. Paghiamo per una gallabeya (la tipica tunica di cotone, lunga e aerea) 80 sterline egiziane (12 Euro) -- decisamente troppo! Ma siamo comunque soddisfatti. Con certe temperature la gallabeya e' perfetta: fresca e leggera. Io compro le spezie.

Abu Simbel, ancora piu' a sud di Assuan, e' indescrivibile. Partiamo da Aswan all'alba per arrivare prima del caldo di punta. Immerso nel deserto e fronteggiante il lago Nasser a sud di Assuan, questo enorme monumento costruito dentro la montagna rappresenta sulla facciata per ben quattro volte il faraone piu' megalomane d'Egitto: Ramses II. Il tempio e' semplicemente superbo e l'interno suggestivo e misterioso. Sulle statue si intravedono incisioni di vecchi esploratori-sciacalli che risalgono al 1700-1800, tra cui tanti nomi italiani.

I successivi tre giorni sono trascorsi cullati da una felucca (tipica barca a vela egiziana) sulle acque dolci del Nilo. Tre giorni di sole, brezza, cibo nubiano cucinato in barca e tante nuotate. Un falo' una sera, una partita di calcio un altro pomeriggio, un libro, un sonnellino, svariati giochi ci hanno accompagnato per tutto il tragitto che da Aswan ci ha portato a Edfu... Di tanto in tanto sostiamo sulla costa, e sempre qualche autoctono si avvicinava incuriosito: bambini, donne che lavano i panni, contadini a lavoro. La vegetazione rigogliosa intorno al Nilo (5% del terrirorio egiziano), orgoglio degli egiziani sin dall'impero egizio vanta palme fogliose, colori intensi e piante affusolate. Un contrasto paesaggistico forte con il resto arido del Paese. La sera attracchiamo sulla costa o su un'isola per trascorrere la notte sotto le stelle. Parlo molto con i nostri skipper, tre adorabili ragazzi nubiani. Akmad si chiede perche' certe persone non riescono a godersi la vita senza pensare ai soldi e al potere. Akmad vive nel villaggio nubiano, ma dorme spesso nella sua felucca dove ha ricavato il suo nido prediletto. Il tempio di Kom Ombo dedicato a ben due divinita' e' stata una delle nostre tappe. Kom Ombo sorge su un'isoletta in mezzo al Nilo, e dalla collinetta domina il paesaggio. Un calendario egizio ancora ben preservato, il bagno di Cleopatra difficile da immaginare nel suo pieno splendore e un 'restauratore' che lucida le pareti e si offre di speigarmi tutto il tempio in cambio della Bagshish (mancia) sono tra le mie memorie piu' vivide. Ad Edfu attracchiamo circondati dalle navi-mostro. E' ora di un altro addio. Saluti, abracci, foto, e ci dirigiamo a Edfu, il tempio meglio tenuto. Una statua del dio falco perdettamente intatta e' adulata, baciata, venerata da un gruppo di strani individui che mi paiono americani. Forse si tratta di una qualche setta che crede ancora nelle divinita' egizie (!). Da Edfu ritorniamo a Luxor. Avevo dimenticato quanto caldo fa sulla terra ferma. Il sole brucia ma non bagna. A Luxor mi impongo di sfidare l'afa per andare a visitare il tempio di Luxor. Niente di eccezionale rispetto a Karnak o Kom Ombo, ma con una particolarita': all'interno del tempio egiziano si erge una moschea (!). E' qui che il mondo antico egiziano e quello musulmano -- cosi' diversi e lontani -- si incontrano. A quanto sembra il tempio e' stato per decenni coperto di sabbia per i tre quarti della sua altezza, e i musulmani, ignari di quello che giaceva sotto i loro piedi, costruirono la moschea sulla punta dell'iceberg. La sera decido di sfoggiare le mie doti di negoziazione al bazaar. Dopo due settimane penso di essere diventata abbastanza brava a trattare con i tassisti, sono attenta al conto che mi presentano al ristorante e al supermercato, e so dire di no con fermezza ai venditori troppo insistenti ("La la shakram!"="No grazie!"). Ma al bazaar falisco di nuovo, e dopo aver avuto un interessante conversazione su teismo e a-teismo con un astuto commerciante, finisco quasi col litigare con lo stesso per una shisha (pipa con cui si fuma il tipico tabacco aromatizzato) che non voglio pagare piu' di 40 sterline egiziane. Mi viene il mal di testa e ci rinuncio rincorsa dall'omino che continua a sparare cifre a raffica. E qui finisce la mia vacanza... Dopo dieci ore di treno ritorniamo in Cairo, dove visitiamo la Citadel (Cairo islamico con la moschea impressionante per dimensioni) che avevo gia' intravisto dall'aereo all'andata. E il cerchio si chiude.

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